Onorevoli Colleghi! - La giurisprudenza della Corte di cassazione ha ripetutamente stabilito, obiter dictum, che «il nudo integrale - considerando il sentimento medio della comunità ed i valori della coscienza sociale e le reazioni dell'uomo medio normale - (...) [può] essere (...) espressione della libertà individuale o derivare da convinzioni salutiste o da un costume particolarmente disinibito. Esso, se praticato in una spiaggia appartata, frequentata da soli naturisti, è penalmente irrilevante»; e, ancora obiter, che «non può considerarsi indecente la nudità integrale (...) di un naturista in una spiaggia riservata ai nudisti o da essi solitamente frequentata»: tale comportamento non costituisce quindi «atto contrario alla pubblica decenza» ai sensi dell'articolo 726 del codice penale (così Cassazione penale, III sezione, n. 8959 del 3 luglio 1997 e n. 3557 del 16 febbraio 2000).
      La punibilità penale della pratica del naturismo non è del resto più in linea con i princìpi di un moderno diritto penale del

 

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fatto: manca, se non altro, in tale condotta, quella offensività del bene giuridico tutelato che rappresenta un caposaldo imprescindibile di un sistema penale garantista e liberale.
      Questa che dovrebbe essere una semplice constatazione di buon senso nell'Italia del XXI secolo, che è acquisizione addirittura banale da decenni non solo nei Paesi dell'Europa settentrionale, ma in buona parte dei Paesi della costa settentrionale del Mediterraneo (concorrenti dell'Italia nel mercato del turismo), non sembra però essere stata ancora digerita da settori della pubblica amministrazione e degli organi di polizia, e anche da qualche giudice di merito, come ogni anno puntualmente registrato dalle cronache estive, sicché appare opportuna una messa a punto legislativa della materia.
      Sembra infatti del tutto estraneo alla comune sensibilità ormai ampiamente condivisa nel nostro Paese ostinarsi a considerare illecito, e addirittura penalmente rilevante, l'innocuo comportamento di chi preferisca prendere il sole o bagnarsi in mare nudo anziché dotato di costume da bagno (magari oltremodo succinto e in genere ben più sessualmente «provocante» della nudità integrale), in quelle zone delle nostre coste, sempre piuttosto remote, appartate e riconoscibili, che nel corso degli anni sono diventate meta abituale e consolidata di nudisti e di naturisti; e appare invece addirittura scellerato che, per perseguire una tale innocente abitudine e molestare capricciosamente dei bagnanti, vengano sottratte preziose energie e risorse, per definizione sempre scarse, alle Forze dell'ordine e al sistema giudiziario, energie e risorse che ovviamente dovrebbero invece essere impiegate in modo ben altrimenti utile alla collettività (dalla sicurezza stradale alla repressione della criminalità terroristica o mafiosa, dalla sicurezza urbana alla lotta alla corruzione, eccetera). Ogni estate italiana è costellata da «pittoresche» operazioni di repressione su larga scala, con il ripetuto impiego per vari giorni di personale di polizia in costume da bagno anziché in uniforme, ai danni di naturisti, che non solo rendono il nostro Paese oggetto di salaci e meritati commenti canzonatori da parte della stampa estera, ma che non possono che danneggiare inutilmente la nostra industria turistica, limitandone la gamma dell'offerta senza recare vantaggio a nessuno, se non alla vanità o ai furori ideologici fuori tempo di qualche funzionario.
      Porre fine a queste bizzarrie e restituire serenità ai pacifici bagnanti naturisti è il primo obiettivo della presente proposta di legge.
      Sotto questo aspetto, va anche rilevato il carattere limitato e neppure molto innovatore della proposta di legge, che si limita a registrare una situazione esistente, garantendo la dovuta tranquillità alle meritate vacanze di molti nostri concittadini: infatti, non si propone neppure che, come avviene con naturalezza e senza scandalo da decenni in molte città del nord Europa, il naturismo possa essere praticato nei parchi pubblici dei centri urbani, invece che solo nelle spiagge o nelle aree già ora solitamente frequentate da nudisti e naturisti.
      D'altra parte, va anche sottolineato che è parso opportuno ai proponenti salvaguardare tale situazione di fatto già oggi esistente, anziché imporre che la pratica del naturismo debba essere espressamente autorizzata situazione per situazione ed esercitata solo attraverso una serie di previ e necessari passaggi burocratici, come accadrebbe se la pratica del naturismo venisse consentita esclusivamente nell'ambito di strutture turistiche organizzate e a ciò espressamente dedicate, come quelle previste dagli articoli 3 e seguenti della presente proposta di legge: non solo molti naturisti considerano come fulcro della loro pratica ricreativa proprio il contatto diretto e il meno possibile mediato e organizzato con la natura, ma il nostro punto di partenza è che, in ogni caso, l'innocua pratica del naturismo in spiagge libere utilizzate a questo scopo non può essere comunque ritenuta di alcuna rilevanza penale e, entro tali ambiti e limiti, non deve essere in nessun modo e in nessun caso considerata contraria alla
 

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legge. E del resto sarebbe di nuovo inutilmente vessatorio interferire nella pacifica convivenza fra naturisti e non naturisti da anni consolidatasi in molte spiagge libere del Paese, per riservare il cento per cento di tali spiagge ai soli bagnanti «tessili» e imporre ai naturisti l'obbligo di frequentare soltanto stabilimenti balneari, organizzati e verosimilmente per lo più a pagamento, e che certo non potrebbero essere disponibili, soprattutto inizialmente, che in un numero limitato di località.
      Vi è, d'altra parte, anche un importante risvolto economico della questione, di cui sarebbe a nostro avviso inutilmente autolesionistico rinunciare a giovarsi. È di tale realtà economica che si occupano gli articoli da 3 a 6 della proposta di legge. Accanto al problema della depenalizzazione e del miglior uso delle risorse pubbliche fin qui sprecate nel vano e inutile tentativo di reprimere un fenomeno ormai entrato da decenni nel costume di una consistente minoranza di italiani, vi è infatti altresì quello di rendere competitiva l'offerta turistica dell'Italia anche sul terreno delle strutture ricettive riservate ai naturisti.
      Sono da decenni molto numerosi infatti i turisti provenienti dai Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, soprattutto tedeschi e scandinavi, che preferiscono passare le loro vacanze in Paesi e località in cui possono essere certi di non venire molestati dagli organi di polizia per ragioni collegate alla pratica del naturismo. Non va neppure sottovalutato il fatto che la pratica del naturismo è anche notevolmente radicata in Paesi dell'Europa centrorientale i cui cittadini da poco hanno iniziato a potersi permettere vacanze all'estero e che costituiscono un segmento promettente della domanda turistica internazionale: tale segmento è certamente destinato a crescere in quantità e in qualità con il prevedibile sviluppo economico che i Paesi dell'area conosceranno nei prossimi anni, per effetto del loro ingresso nell'economia di mercato e della loro integrazione nell'Europa comunitaria. Far diventare l'Italia una consueta meta di vacanze anche per questi nostri nuovi concittadini europei è necessario in un'ottica che guardi non solo alla situazione presente, ma anche allo sviluppo futuro del settore: se per ora la domanda di tali Paesi è prevalentemente rivolta a un turismo di carattere piuttosto economico, è certo che, con il passare degli anni, le cose sono destinate a cambiare e un'offerta fin d'ora amichevole da parte del nostro Paese è la necessaria premessa per conquistare un mercato destinato a diventare in un breve volgere di anni altrettanto ricco quanto quello dell'Europa centrosettentrionale.
      Molti dei turisti stranieri che praticano il naturismo, come molti naturisti italiani, ricercano espressamente la possibilità di passare le loro vacanze in strutture appositamente organizzate e regolamentate ed esclusivamente riservate ai naturisti: non solo strutture dedicate al turismo di massa, ma anche a quello di qualità (un terreno, quest'ultimo, particolarmente promettente per l'Italia, perché è carente in questo campo l'offerta dei Paesi mediterranei nostri concorrenti). Tale richiesta di strutture dedicate è particolarmente forte da parte di quell'ampia fetta del turismo naturista che riguarda le famiglie con bambini.
      L'attuale situazione di incertezza legislativa non consente alcun investimento in questo settore, con la conseguenza di limitare inutilmente la varietà della nostra offerta turistica: e ciò proprio in un momento di grandi difficoltà competitive per l'intero settore.
      In conclusione, non si chiede con la presente proposta di legge un giudizio di merito sulla desiderabilità, morale o estetica, della pratica del naturismo: si chiede soltanto di non sovrapporre un arbitrario giudizio moralistico alle altrui individuali e autonome scelte di vita e di costume e di non rinunciare ai benefìci economici derivanti dall'accoglimento di una domanda di servizi turistici cui attualmente l'Italia non è in grado di rispondere per un mero problema di incertezza normativa.
 

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